sabato 31 maggio 2008
Mатрёшка с солнечными очками (I)
giovedì 29 maggio 2008
Un regalo? boh, desidero...
Vorrei solo una vita mia…è l’unico augurio che faccio a me stesso. Solo mia.
In base alla quale potrò, mentre starò spegnendomi, dare la colpa delle mie azioni a nessun’altri che non sia io; così qualora ci siano meriti.
E viverla, viverla…con la mente sgombra e l’approccio dell’eterno viaggiatore, dello straniero perpetuo.
Alcuna privazione: il rimorso derivatone sarebbe duro da sopportare.
E un sitar.
mercoledì 28 maggio 2008
Una bella sensazione
Sono appena tornato dal mare. Un bel bagno ci voleva, per alleviarsi dalla calura anticipata e ormai non inconsueta.
Una bella sensazione.
Se non fosse per le putride pozzanghere che mi attorniano: olenti a tabacco, colme di bicchieri di plastica e thè in Tetra Brik Aseptic; per le bottiglie ed i mozzoni di sigaretta che come un tappeto si spandono per tutto lo scoglio; per un'intera ruota di focaccia lasciata a marcire a pochi passi dal mio asciugamano; per i resti di quel falò, che si alzano nell'aria mossa dal venticello di scirocco.
La Perla del Doge infuocata! Sì, proprio lì, nei campi oltre la statale, che si stendono sulla lama di levante. Coltri di fumo nero si propagano all'orizzonte, creando non pochi problemi agli automobilisti. Saranno frasche bruciate dai contadini? No, troppo alte le fiamme, hanno intaccato gli alberi...telefonata al 115 e, dopo una buona mezz'ora, s'intravede il luccichio delle sirene dei vigili del fuoco che si fanno strada nel traffico. Ordinaria amministrazione da queste parti...
Non riesco a rilassarmi con il leggero infrangersi della corrente sugli scogli, disturbato dal rombo dei motori sì lontano, ma fastidiosamente percettibile.
Voglio andarmene. Così, ripulisco il mio spazio (mozzoni e rimasugli di cartine), ma...
non trovo un bidone, un cestino, nulla dove poter riporre i miei rifiuti.
Il Comune ha abbandonato il Gavetone. I suoi bagnanti abituali lo hanno anticipato da tempo. Ma al mare ci vengono lo stesso.
Ci incamminiamo verso un'era di privatizzazioni. Almeno, finalmente, le mamme saranno contente di portare i propri bambini a giocare al sicuro sul cemento, mentre loro prendono il sole comodamente appisolate su una sdraio. Sul cemento.
Mi allontano desolato, seguendo il sentiero lungo i muretti a secco che porta al parcheggio.
Il sole è opaco, il rosso ed il violetto dell'imbrunire non ci sono; il tramonto oggi è anemico. Siamo avvolti in una cupa cappa (scusate la cacofonia): sembra nebbia, no, forse nubi...più semplicemente fumi.
Davvero una bella sensazione.
martedì 27 maggio 2008
Demiurghi
Un giorno d'inverno, precisamente agli inizi del nuovo 2007, inebriato e sciolto dal fumo (come al solito!), riflettevo con Cesare sul linguaggio…ma per arrivarci al linguaggio! È stato come al solito un viaggio mentale, che ci ha portato ad affrontare argomenti meta-linguistici: il significato del linguaggio.
Facciamo un passo indietro all’interno del grande trip, ovvero l’industria pubblicitaria. Essa sempre più nel post-modernismo ha affinato strumenti quali il visivo ed il nome (da intendersi come etichetta) per trasmettere messaggi. L’unione dei due ha prodotto il marchio ed il suo potere evocatore: leggendo solo ADIDAS, il mio cervello è bombardato da migliaia d’immagini e suoni provenienti da spot televisivi, radiofonici, dalla carta stampata, dalla strada, dalla vetrina del rivenditore di questa marca in quel particolare centro commerciale; che mi portano addirittura a ricrearmi nella mente il logo, mentre invece leggo solo il nome scritto con un tipo di carattere anonimo, tipo questo che sto utilizzando. E m’immagino le scarpe, l’abbigliamento sportivo, gli accessori…E mi faccio venire i bisogni, la necessità di possedere quell’oggetto, perché MI SERVE. Se comprassimo veramente per necessità, non ci sarebbe nessuno che fatichi ad arrivare alla fine del mese (scusatemi per la provocazione…vabbè). La massificazione porta a questo: una omologazione dei bisogni, al punto tale che, per impulso, vedendo che tutti si buttano a mare, mi ci butto anch’io. Ma son cose già dette e risapute. Siamo coscienti di ciò che ci sta capitando: dall’inizio del novecento già cercano di dircelo certi pazzoidi…forse ce n’è qualcuno ancora prima. La legge dei più: la massa crea la verità.
I CAPOCCIONI LASSU’ CREANO PER LEI LA VERITA’!!!!! (è un delirio...).
Questo è conseguenza di una forza che assoggetta gli attori sociali, ossia, gia' citato prima, il potere evocativo della parola. E del nome, soprattutto di esso. Viviamo in un mondo (non voglio essere l’ennesimo coglione che torna a ripeterlo…) dove più che la qualità vera e propria, il valore funzionale di una merce, vale la presenza di chi produce qualcosa, la sua reputazione…il suo nome. È l’esistenza più che l’essenza: io ci sono, sono così e non m’importa come tu parli di me, come mi consideri…basta che ne parli! Quel gaio eccentrico c’azzeccò…
Viviamo in un mondo dove il nome dà vita.
Se tu vieni nominato (casuale riferimento al lessico dei reality shows... molto casuale...), sei dappertutto, crei scandali, etc. etc. (per maggiori informazioni su altri metodi di vendita di se stessi, vedi i vari "Novella 2000")- ossia, sei il prezzemolo dappertutto, e ne abbiamo veramente rotte le scatole!-, ricevi delle credenziali…solo per il fatto che tu sia visibile, la gente ti dà credito.
In effetti, e' l’uso che la pubblicità fa del linguaggio, medium per eccellenza. Possedere le chiavi per aprire lo scrigno magico, avere ampia padronanza delle parole, saperle pasticciare a proprio piacimento è la chiave del potere, del successo! E ci girano soldi, menti, bocche da sfamare, sfruttamento attorno a ‘ste faccende! Non sono futilità, mode, cose che, quando ci sono in tv, faccio zapping, perché non voglio vedere la pubblicità e tutto finisce... Son cose serie, con ripercussioni altissime…globali ! La parola di quest’era… Un uso del genere non so se considerarlo criminale o cosa. Le censure e riscritture del passato compiute dal regime stalinista, come da quello nazista, sono ovviamente delle forme di propaganda: creare verità a proprio piacimento ed indurre in qualunque maniera, coercitiva o subdola che sia, una massa di gente a crederci, è un reato. Lo è nei confronti dell’umanità.
Ma come, poi, io e Cesare possiamo farci viaggi mentali insieme? Come interagiamo? Come e perché io capisco un altro individuo che vive nel mio stesso contesto?
Provo a darne una risposta, piu' intuitiva che studiata: tramite una pratica che esiste perché esiste l’uomo, forgiatasi in migliaia d’anni di pratica, uso e utilizzo, durante i quali è sempre stata e sempre sarà mutevole, cangiante. Il fatto che parli in un modo derivato da quello di chi ha parlato nei secoli prima di me e che io stesso contribuisca ad alimentare manipolandolo, mi fa un tutt’uno con la storia. Grazie alle parole che pronuncio, faccio rivivere in me i miei antenati; mediante le citazioni gli autori diventano eterni. Parola strumento della memoria. Colloquiando, ci ricongiungiamo con la storia, nostra genitrice.
Viviamo in un mondo dove il linguaggio dà vita…
Dittico e spunti
Smascheramento
“…e quell’uomo
Belando, su ‘n tavolo
Maschera ‘n volto
Provava a reagire
Alla triste missione
Dettata dal caso…” [1]
Tutti ne siamo affetti. O è solo, semplicemente, il modus vivendi dell'oggi. …Sto ascoltando un po’ di musica che ho sull’iPod. Visto?!, anch’io che sto qui a sputar veleno sul sistema, sono il suo nutrimento, sono un “consumatore di massa”…potremmo mai viverne senza?!
Tempo nuovo
“…istanti di tempo…
…infiniti tempi?”
Il soggetto è il centro del mondo. Attorno a lui ruota tutto. Sulla nostra Terra esistono ed agiscono migliaia di miliardi di soggetti…
[1] Facile, intuitivamente, lo sguardo a chi, già agli inizi del ‘900, ha tentato, con lungimiranza quasi disarmante, di decodificare il suo presente, per illustrare il nostro futuro. Svevo, Pirandello, Benjamin…
McWords'
Non ho nulla dire.
E, per iniziare, ho detto già qualcosa. Nonostante questa frase non porti a nulla di utile, innovativo, che serva veramente ad uno scopo, sto scrivendo frasi di senso compiuto (almeno grammaticalmente parlando!), con un significato, ma che esprimono niente. E niente vuol pur dire qualcosa…
Spreco?
Possiamo intendere qualcosa del genere, che viene prodotto di più di quello che si necessiti?
Se i miei muscoli del braccio “consumano” energia nello scrivere niente, io spreco energia. E noi ne sprechiamo tanta. Anche dicendo cazzate.
Le cose evidentemente son cambiate. Nell’antichità gli amanuensi per risparmiare sulle pergamene utilizzavano simbologie, abbreviazioni, non lasciavano spazi tra le parole. E si trattava dei fondamenti primi del nostro sapere.
Si chiama economia della parola. E anche in altri ambiti la parola economia entra prepotentemente sulla scena: è tutta una questione di costi. Che prevedono delle risorse, le quali si trasformano in qualcos’altro. Ne è valsa la pena sprecare un tot di una determinata risorsa per produrlo? Che impatto ha questo su noi stessi, su ciò che ci circonda…?
Peccato che oggi non si voglia dare una risposta a questo quesito legittimo, diciamo anche “sostenibile”. Credo dovrebbe essere anche una questione di etica e non solo economica, per quanto già questo basti a giustificare l’impellenza di una pronta risposta. Quindi,
“Prego, depositare ogni tipo d’ipocrisia ed egoismo prima di rispondere. Grazie.”
(L'immagine: Banksy, Napalm, 2004)
Opozorilo! Ne berite tega opozorila!
La Biennale degli artisti: fucina di idee e rigetti viscerali contro un sistema che più non ci sostiene.
Passeggiando tra le opere, l'inquietudine partorisce riflessioni.
Tutto decostruito e riassemblato: il gioco dei contrari.
Visivo e sonoro entrano in collisione tra loro, cooperano per colpire l'osservatore, che ne resta stupefatto e quasi a disagio. Alcune sono così criptiche, che ti lasciano spaesato.
Ma, andando avanti, districandosi nel marasma, lasciandosi rassegnatamente bombardare dai segni, i quali terroristicamente ci deflagrano dinanzi in maniera inaspettata, proprio come un kamikaze sacrifica se stesso per lasciare il segno, iniziano a comparire i "cartelli stradali" che ci forniscono la giusta via...non resta che seguirla e stare attenti a dove ci porta.
E rimanere scioccati dal nostro fetido, violento, lubrico e vizioso mondo.
La democrazia della morte
(scritto il 25.05.08, all'indomani degli scontri a Chiaiano. In seguito, affannosamente, gli esponenti politici hanno condannato l'uso delle forze di polizia...)
lunedì 26 maggio 2008
Una storia - Scena I
Il bimbo prese la caramella dalla mano della mamma, si abbassò e gliela porse.
Si destò dal torpore e subito la portò alla bocca e la inghiottì. Si sentì un rigurgito e una eco: la caramellina rotolava nel vuoto.
Il bimbo ritornò dalla madre ed insieme continuarono per il loro tragitto.
Per fortuna la notte era stata clemente, e ora si presagiva una bella giornata. Era il momento di alzarsi.
Ma per far che?
Si trascinava, ormai era tutto finito. Non aveva da chiedere nè, tantomeno -figurarsi!-, da ricevere. Lui si accontentava degli scarti. Nè chiedeva, nè riceveva, solo recuperava. Quello che la società buttava. Un passeggino senza una ruota era il suo marsupio, lì dentro ci metteva di tutto. Anche da mangiare, se era fortunato.
L'unica cosa che ancora gli dava gioia, riusciva a tirarlo avanti, era svegliarsi ogni mattina col bimbo che gli dava una parte della sua colazione, prima di andare a scuola...